Di Stella ce ne resta una. Anzi, uno

Di Stella ce ne resta una. Anzi, uno

Il Team Principal McLaren porta una bellissima immagine di italiano vincente in F.1

06.10.2024 ( Aggiornata il 06.10.2024 16:56 )

È il sogno più bello che ci resta in questo mondiale di F.1 in pieno atto e tanto vale gustarcelo. Questa divagazione onirica ha un nome e un cognome e si chiama Andrea Stella, Team Principal della McLaren, candidatissima a vincere il titolo Costruttori, grazie ai prodigi della MCL38 condotta da Norris e Piastri.

E il sogno è lì, a portata di mano, sembra tanto una probabilissima realtà, perché di questo passo proprio non si capisce come Red Bull, Ferrari e Mercedes, le rivali più vicine e giurate, potrebbero mettersi di mezzo, ribaltando le sorti della lotta per l’iride delle Case.

Un italiano non vince il mondiale Costruttori in veste di Team Principal dal lontano 2008, quando alle redini della Rossa c’era Stefano Domenicali, in seguito a più alti incarichi chiamato, fino a divenire responsabile di Liberty Media per la F.1, in veste di Presidente e Ceo del Formula 1 Group.

Quindi Andrea Stella non sarebbe certo il primo italiano in veste di timoniere a vincere un mondiale Costuttori. Prima di lui brilla anche Mauro Forghieri per la Ferrari, quando ancora non v’era la terminologia di Team Principal, ma era comunque chiaro che il responsabile in pista del Cavallino Rampante era uno e uno solo, deputato anche a curare organizzazione, trasferte e nondimeno le strategie sportive.


I precedenti

Infine l’iride delle Case lo conquista pure Flavio Briatore, nella militanza alla Benetton, in piena era Michael Schumacher, ossia nella stagione 1995, in coincidenza col passaggio dai motori Ford a quelli Renault, e poi nel bienno 2005-2006, quando il team di Enstone viene rilevato dalla Casa francese che sbanca due volte consecutive anche il mondiale Piloti, con Fernando Alonso.

Per la cronaca, Andrea Stella, classe 1971, nativo di Orvieto e laureato a Roma alla Sapienza, in ingegneria aeropaziale, prepara la tesi presso il centro di esperienze idrodinamiche della Marina Militare di Roma. E fa stringere il cuore pensare che il primo a portare l’idrodinamica in F.1 fu Gian Carlo Minardi negli Anni ’80, quando, non avendo una galleria del vento né troppi dollari per affittarla, ricorreva alla, ehm, galleria acquea, decisamente più a buon mercato. Bravo Gian Carlo.

Ma non divaghiamo. Andrea Stella nel 2000 ottiene anche il dottorato in ingegneria meccanica ed entra a far parte della Ferrari, prima nel test team e poi, dal 2002, diviene veicolista di Schumi, all’apice della potenza agonistica del Kaiser. Già che c’è, è anche il tecnico che segue in pista Vale Rossi, quando, nel 2006, prova spesso la Ferrari in vista di un clamoroso ma mai concretizzato debutto nel mondiale di F.1.

Ingegnere di pista di Raikkonen nel 2009, Andrea dal 2010 al 2014 passa a Fernando Alonso, nuovo eroe Rosso. E quando Matador nel 2015 saluta la compagnia non senza scintille, l’umbro, tomo tomo, come sempre, resta il suo uomo di fiducia in pista, passando alla McLaren, dove vive la via crucis dei difficilissimi anni con la power unit Honda.


La progressione di Andrea

Finito il purgatorio, gli si apre ben altra realtà. Perché nel frattempo Andrea a Woking non fa altro che progredire, ottenendo sempre più credito. Dal luglio 2018 è Performance Director, a inizio 2020 diventa Racing Director e nel dicembre 2022 viene annunciata la sua promozione a Team Principal McLaren. Laddove è protagonista della più clamorosa rimonta nella storia recente della F.1, portando sotto la sua gestione la MCL60 d’inizio campionato dalle retrovie alla vittoria nella sprint race del Qatar, con Oscar Piastri.

Il resto è cronaca. La MCL38, dopo un inizio sottotraccia, spopola, andando ripetutamente a segno da Miami in poi, prima con Lando Norris e quindi anche col giovanissimo e sensazionale Piastri, tanto da conquistare il comando del mondiale Costruttori, recuperando anche stavolta otto decimi in sette mesi.

E a dirigere l’orchestra trionfante e trionfale c’è proprio Andrea Stella, il quale assiste al crescere della sua candidatura iridata con la ritrosia galantomista dell’eroe riluttante, finendo però con l’incarnare ben altra parte scenica, ovvero quella del vero attore protagonista dietro le quinte di questo 2024.

Perché se Adrian Newey resta il miglior agente per ciò che ha smesso di fare dopo la prima parte della stagione, ossia cessando di render vincente la Red Bull, abbandonandola a se stessa e alle sue guerre interne autodistruttive, Andrea spicca come l’uomo del secondo stadio del viaggio cosmico dei razzi Orange-Papaya. Sempre più in alto, di nuovo verso quell’iride che manca a Woking dal lontano 1998, dai tempi di Hakkinen e Ron Dennis.


Stile vincente

Ma c’è dell’altro a nobilitare questa virtuosa ipotesi e sta nella filigrana del personaggio.

È già capitato vedere un italiano a segno con un team a sede inglese, ma sarebbe prezioso che uno dei nostri ci riuscisse proveniendo dal settore tecnico. Ingegnere promosso ad ammiraglio. Perché è dai tempi di Mauro Forghieri che non accade. In altre e più sintetiche parole, che bello vedere una mente come quella di Stella vincente in F.1 - toccando ferro e anche a prescindere dal finale -, perché è sano portatore all’estero di un’idea d’italiano nettamente opposta rispetto a quella un po’ cialtrona e figlia di fiacchi stereotipi - non sempre e non solo esclusivamente cinematografici ma anche frutto d’un’iconografia postmoderna - del tricolore spregiudicato, maneggione, cinepanettonico, neocafonal, gesticolante, sborone e furbetto, capace più a fregarti che a batterti.

Ecco, Andrea Stella, no. Lui è uomo d’ingegno, lindo, cortese e galantuomo. Volitivo ma mai arrogante. Di carattere e giammai sopra le righe. Diretto, tuttavia parimenti rispettoso della normativa tecnica, del codice sportivo e del galateo di messer Giovanni della Casa.

Bella immagine

Un titolo mondiale o più in mano alla McLaren, Costruttori o Piloti che fosse, non verrebbe soltanto vinto da un Team Principal tricolore, ma da un Uomo capace di portare in tutto il mondo l’immagine di un modo di essere esistenziale e culturale diverso: di un eclettismo neo-rinascimentale e allo stesso tempo meravigliosamente, intimamente e ragionevolmente Italiano.


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