Uno ce la mette tutta per smettere di correre in F.1. Non sente più gli stimoli oppure lo hanno appiedato per mancanza di risultati, fi nanziatori o semplicemente perché ha fatto il suo tempo. Capirai se alla soglia dei quarant’anni hai tempo da sprecare in lunghe trasferte, hai da rovinarti gli inverni in collaudi e test, da trascorrere pomeriggi interi in palestra e gelide albe a saltellare sulle punte dei piedi come i mezzofondisti da Olimpiade. Uno come David Coulthard, per esempio, che è sempre stato considerato un bello del mondiale e che con la F. 1 ha fatto soldi a palate, investendoli sapientemente in strutture alberghiere e affi ni, non avrebbe certo bisogno di rimettersi casco e tuta. Ormai il suo tempo è fi nito. Con il mondiale ha chiuso nel 2008, nemmeno in tempo per vedere la Red Bull vincere il primo Gp, nemmeno per portarla in pole o al primo posto occasionale da qualche parte. Coulthard ha chiuso nel 2008 un’onesta carriera nella quale ha avuto la fortuna di aver sempre guidato, fi n dagli esordi, vetture al top: Williams o McLaren e appunto Red Bull. Lo scozzese ha avuto una carriera se non gloriosa almeno importante, con 13 Gp vinti, il primo all’Estoril nel 1995 con la Williams- Renault, l’ultimo a Melbourne con la McLaren- Mercedes nel 2003, 12 pole, 18 giri più veloci, 62 podi in totale e la bellezza di 535 punti conquistati in poco meno di 15 anni di carriera, che iniziò salendo sulla F.1 con la più pesante eredità della storia, la FW15-Renault di Ayrton Senna, al Gp Spagna ‘94. Uno così non avrebbe molto da domandare alla passionaccia ma ancora una volta ci ha pensato la Mercedes a convincerlo. Dal 25 aprile sarà uno dei pochi ma buoni piloti del plotone di Stoccarda che sfi deranno quello Audi nella serie più strana al mondo, il DTM, che resiste al tempo nonostante le diffi coltà in cui si dibattono le grandi Case, anche tedesche, Mercedes in testa, perché considerata un formidabile strumento di promozione del prodotto, soprattutto sul mercato interno. Coulthard, quindi, come il compagno di squadra Mika Hakkinen o come Jean Alesi, altri due che dalla F.1 ad altissimo livello vennero allettati dall’azienda della stella a tre punte per lanciarsi in un’avventura non sempre facile.
Tanti gli Ex di F.1 in DTM
Guardando le statistiche del Dtm, infatti, si può notare che la presenza di ex di F.1 è una costante e non solo in casa Mercedes. Negli Anni ‘90, l’Alfa Romeo schierò gente come Nannini, Tarquini, Larini, Modena, Alboreto, Fisichella, Danner. E in Dtm, con alterne fortune nel corso dei decenni si sono visti il campione del mondo Keke Rosberg, Frentzen, Wendlinger, Pirro, Christian Fittipaldi, De La Rosa, Dalmas, Suzuki, Bartels, McNish, Wurz, Albers, Sullivan, van de Poele, Berger, Brancatelli, Cecotto, Laffite, Magnussen, Mass, Montoya, Winkelhock, Schlesser, Lehto, Michael Schumacher, nel 1991, suo fratello Ralf, per il quale il Dtm è stata una scelta obbligata, Hattori, Gavin, Grouillard, Lamy, Ratzenberger, Zonta, oltre a gente come Bernd Schneider, il quale nel mondiale non ebbe grande fortuna soprattutto a causa della recalcitrante Zakspeed da lui pilotata nel 1988. Mercedes è stata la prima a essersi convinta che il grande nome avrebbe richiamato sugli spalti più spettatori. È un modo naturale di operare nel marketing, perché il Dtm, al di là degli aspetti tecnici, è soprattutto vendita di un’immagine e un ex grande pilota di F.1 può solo fare bene alla categoria. Primo perché non è detto che vinca - infatti non è mai accaduto con i pezzi da novanta inseriti negli schieramenti dal 2000 al 2009 -, secondo perché vedere l’ex campionissimo o l’ex vincitore di Gp battuto da solidi professionisti dimostra sia la qualità delle vetture che la complessità del gioco. La costante del Dtm è vedere nelle foto di presentazione della serie i volti sorridenti dei campioni di F.1 e poi assistere alla loro espressione di forzato distacco quando il campionato si conclude. Le statistiche dicono che dal 2000, anno nel quale il Dtm è tornato a essere un affare interno tra i gruppi motoristici tedeschi - ora ridotti a Mercedes e Audi - ad oggi i migliori piazzamenti ottenuti dagli assi delle monoposto siano stati i quinti posti di Alesi nel 2002 e nel 2003 e di Hakkinen nel 2005. Oltre, nelle zone nobili, nessuno è riuscito a salire. Il “povero” Ralf Schumacher nell’anno di esordio non è andato oltre l’undicesima posizione con soli tre punteggi validi nei dieci eventi ai quali ha preso parte. Ora toccherà a Coulthard cercare di risalire la corrente e non sarà per niente facile. Il Dtm, come accade quasi sempre con le categorie a ruote coperte, è roba per specialisti, chi è abituato alla formula fatica parecchio. Non tanto per la messa a punto delle vetture, quando per il modo con il quale si gareggia. Coulthard, alla pari di tanti altri, non è mai stato il tipo da “ruota contro ruota”. Quando lo ha fatto si è comportato da duro, ma l’essere tosto in formula è come mangiare un petto di pollo lesso per gente abituata alla fiorentina a colazione.
Non c'è spazio per i puristi
In Dtm non si fanno sconti e gli specialisti se ne fregano del pedigree del rivale. Anzi se possono insegnano i trucchi non nelle riunioni sui motorhome ma in pista, alla partenza, nel duello muso contro coda, nelle spinte, nei sorpassi imprevisti e... fuori traiettoria. Usano una fantasia che a volte parrebbe fuori dalla logica ma che nel Dtm funziona a meraviglia e questo lascia i “puristi” della bella guida pulita e senza sbavature perplessi come artisti sotto la tenda di un circo. Se ci si fa caso dopo uno o due anni in Dtm i nostri eroi si ritrovano a guardare il panorama e a decidere di smetterla, capendo che è meglio non rovinarsi la reputazione costruita in decenni di mondiale e di sfide al titolo iridato per andare a cozzare contro re Bernd, uno che in formula portò al primo titolo tedesco di F.3 la Dallara e che avrebbe avuto fantastiche potenzialità in F.1, o farsi ridicolizzare da giovani che premono per entrare anche loro nel circus iridato. Guarda caso sono in genere i loro compagni di squadra: in Mercedes, sebbene divisi tra vari team, Coulthard troverà i “ragazzini” che la Casa di Stoccarda sta allevando per assicurare loro una carriera professionale ad alto livello. Gary Paffett o Paul Di Resta, per esempio, secondo e terzo l’anno passato. L’uno collaudatore McLaren, l’altro l’uomo su cui Stoccarda punta per proseguire con la propria filiera, iniziata all’epoca del trio Schumacher-Wendlinger- Frentzen, proseguita con Hamilton in F.3, che nella giovane terza guida scozzese della Force India, motorizzata guarda caso Mercedes, vede il naturale erede di una tradizione di successi e poche delusioni.