L’intuizione di un tenace e abile ingegnere , Jörg Bensinger, e la coraggiosa lungimiranza di Ferdinand Piëch, all’epoca giovane capo dello sviluppo tecnico del marchio Audi, hanno permesso trenta anni fa una rivoluzione epocale nella tecnica delle vetture da rally, e non solo, e una svolta nell’immagine del costruttore di Ingolstadt. Il 6 marzo 1980, al Salone di Ginevra, l’Audi espone una coupé sportiva a elevate prestazioni che suscita parecchia ammirazione. Si chiama Quattro. La Casa tedesca, che fabbrica automobili a trazione anteriore apprezzate per l’affidabilità ma dalle linee convenzionali, sbalordisce tutti. Sotto le volte del palazzo delle esposizioni di Ginevra, l’Audi presenta non soltanto un modello destinato evidentemente alle competizioni ma un vero proprio concentrato di tecnologia d’avanguardia.
La Quattro è la vetrina in movimento della capacità ingegneristica della Casa che discende dalla leggendaria Auto Union degli Anni Trenta. I progettisti, sotto la direzione di Piëch e Bensinger, l’hanno equipaggiata con l’innovativa soluzione della trazione integrale; una scelta fino ad allora esclusiva dei veicoli fuoristrada. Le quattro ruote motrici diventeranno il segno distintivo del marchio dei quattro anelli; una pietra miliare che segna il deciso cambio di rotta impresso da Piëch all’azienda bavarese. La più recente delle Audi a elevate prestazioni, la R8 V10, non rappresenta altro che la continuità di quella idea. Ma c’è dell’altro, nelle caratteristiche tecniche della Quattro. Il motore 5 cilindri in linea di 2.1 litri, collocato anteriormente e inclinato verso destra, è sovralimentato mediante un turbocompressore che permette una potenza di 200 cavalli. Da Ingolstadt fanno sapere che la avveniristica Quattro sarà schierata nel campionato del mondo rally e perciò omologata in Gruppo 4, che prevede la realizzazione di 400 esemplari identici.
Nessuno, fino ad allora, aveva pensato di affrontare la sfida con una quattro motrici. Era stato Jörg Bensinger, ingegnere-capo specializzato in telaistica, a insistere con Ferdinand Piëch, nel febbraio 1977, perché considerasse il progetto di una vettura stradale a trazione integrale. Bensinger si era occupato del fuoristrada Volkswagen Iltis 4x4 e aveva riscontrato gli enormi vantaggi che quel tipo di trasmissione assicurava su fondi innevati, ghiacciati e sterrati. Non sono forse le condizioni tipiche dei rally? Dopo avere sperimentato il sistema 4x4 della Iltis su una Audi 80 modificata, Piëch aveva dato via libera al progetto. Che era infine sfociato nella Quattro. Nipote per parte di madre del mitico professore Ferdinand Porsche, Piëch aveva anche deciso l’ambiziosa operazione rally.
Che è iniziata nel 1979 con le prime prove della versione “laboratorio”, in cui erano stati impegnati i rallisti Harald Demuth e Freddy Kottulinsky. A dicembre, nelle file dell’Audi arriva Hannu Mikkola, che aveva corso con la Ford Escort e, nelle gare africane, con la bellissima Mercedes 450 Slc, entrambe a trazione posteriore; come lo erano tutte le macchine di vertice dei rally dell’epoca. L’asso finlandese era stato convocato per un test segreto dalle parti di Ingolstadt.
DA APRIPISTA SEMINA IL PANICO
test con il prototipo, ancora siglato A3, Mikkola è letteralmente frastornato. Quella che sarà la Quattro ha un potenziale incredibile, inimmaginabile. Ecco come ricorda quel primo contatto: «Era davvero impegnativa, parecchio sbilanciata. Passava dal sottosterzo nella fase di inserimento in curva, al sovrasterzo che era molto evidente in accelerazione. Ma soltanto perché era tutto era nuovo, il turbo e soprattutto le quattro ruote motrici. Avevo a che fare con parametri fino ad allora sconosciuti. L’azione combinata della sovralimentazione e delle quattro ruote motrici era davvero strepitosa. Avevo guidato il futuro». Mikkola si accorda con l’Audi e passa tutto l’anno seguente a collaudare, sviluppare e mettere a punto la Quattro da corsa. Che in autunno è pronta. È accreditata di una potenza di 320 cavalli; una sessantina più delle Ford Escort, Fiat 131 Abarth e Talbot Lotus, e una ventina sulla già leggendaria Lancia Stratos ormai alla fine di una strepitosa carriera. A Ingolstadt decidono di uscire allo scoperto e chiedono agli organizzatori del rally portoghese dell’Algarve, valido per l’Europeo, di accettare la Quattro, non ancora omologata in Gruppo 4, come vettura apripista. Mikkola affronta le prove speciali sterrate come fosse in gara. Il risultato è più che incoraggiante: le prestazioni della Quattro sono le migliori in tutti i crono.
In Algarve, a osservare il “mostro” tedesco scendono i tecnici delle Case concorrenti. L’Audi ha lanciato la sfida. Walter Treser, uno degli ingegneri più importanti tra quelli che hanno sviluppato la Quattro, è il responsabile della squadra Audi. Ha già organizzato la spedizione-esordio al Montecarlo 1981; dove alla prima guida Mikkola sarà affiancata la veloce ragazza francese Michèle Mouton. Ma ha pure pianificato di inviare una Quattro Gruppo 4 allo Janner Rally, in Austria, affidandola al rallista locale Franz Wittmann. Per la coupè 4x4 è il debutto. Le condizioni del percorso, neve e ghiaccio, sono l’ideale per la trazione integrale. Wittmann vince con oltre venti minuti di vantaggio. A Montecarlo, gara d’apertura del campionato del mondo, le cose non vanno però per il verso giusto. La Mouton fa poca strada. Il punto debole della Quattro è l’impianto frenante, non ancora a punto: un’improvvisa defaillance mette kappaò Mikkola, che finisce fuori strada, resta attardato e quindi si ritira. Il finlandese aveva però chiuso i primi sei crono con oltre cinque minuti di vantaggio sul secondo. Irresistibile sulla neve e sul verglas, l’Audi a trazione integrale ha scosso i rally. Eppure qualcuno ancora non ci crede fino in fondo. Gerard Larrousse, capo dell’equipe Renault che conquista il successo con la 5 Turbo “tuttadietro” di Jean Ragnotti, dice che ha corso in condizioni favorevoli, e che bisogna aspettare fondi diversi. Intanto, comunque, la Quattro sbaraglia la concorrenza sulla neve della Svezia, dove il finlandese Mikkola interrompe la supremazia dei rallisti svedesi. Alla seconda uscita, l’Audi a quattro ruote motrici sbaraglia il campo; da qui in avanti sarà una lunga serie di successi, titoli e primati. Come quello che stabilisce Michèle Mouton, in coppia con Fabrizia Pons, vincendo a mani basse il rally di Sanremo, sempre nel 1981: è la prima donna davanti a tutti in una gara del mondiale.
È anche, la Gruppo 4 tedesca a trazione integrale, protagonista di una clamorosa squalifica, all’Acropoli, sulle pietraie della Grecia. Il rally è catalogato come “distruggi macchine”, con quasi mille chilometri di prove speciali su strade sterrate di montagna e temperature esterne elevate. Il caldo, appunto, è il grande nemico delle Audi. Per migliorare la ventilazione del motore – soggetto a surriscaldamento a causa delle elevate temperature del turbocompressore – alle Quattro di Mikkola, della Mouton e di Wittmann, sono stati tolti i due fari anteriori e lasciata soltanto le protezione in vetro; che funge da paratie sollevandosi verso l’interno, per effetto dell’aria, quando la vettura è in movimento. Al posto dei gruppi ottici hanno perciò ottenuto delle prese di aereazione illegali. L’inganno, realizzato con precisione, è scoperto e le Audi messe fuori gara alla fine della seconda tappa. Nel 1982 il ruolino della Quattro è impressionante: Stig Blomqvist in Svezia e al Sanremo; la Mouton sugli sterrati del Portogallo, dell’Acropoli e del Brasile; Hannu Mikkola in quella università dei rally che è il 1000 Laghi finlandese e nel magico Rac di Gran Bretagna, quello che si corre nel buio delle foreste del Galles e della Scozia. Quelli dell’Audi si portano a casa il titolo del campionato demondo riservato ai Costruttori. E la Mouton sfiora clamorosamente quello Piloti. E che dire, poi, del 1983. In quella stagione l’asso finlandese conquista, a 41 anni, l’oro mondiale mettendo a segno 4 vittorie – tra cui quella spettacolosa al 1000 Laghi, la settima personale nella grande corsa di Javaskyla – su 12 partecipazioni. L’anno seguente toccherà allo svedese Stig Blomqvist, con l’Audi che raddoppia prendendo pure il primato nel Marche.
È, il 1984, l’anno della Sport Quattro. È un capolavoro di tecnologia. Progettata specificatamente per i rally, è stata sviluppata sul telaio a passo accorciato e profondamente modificato dell’evoluzione A2 del 1983. La carrozzeria è in fibra di carbonio e kevlar, il motore eroga circa 400 cavalli, ed è costruita in appena 213 esemplari. È passata alla storia come “Kurze”, cioé corta. Le sue prestazioni sono formidabili. Walter Rohrl, uno tra i più grandi se non già il più grande rallista di sempre, sbanca il rally più famoso del mondo, il Montecarlo. Il fuoriclasse tedesco è al quarto successo personale sulle strade del sud della Francia e, soprattutto, è al debutto con la trazione integrale di Ingolstad. Più tardi, di quella impresa rivelerà: «Prima della gara non ero in grado di affrontare una curva con l’Audi. Non avevo confidenza, non conoscevo la vettura, non sapevo che cosa fare. Eppure ho vinto. L’ho capita, voglio dire la Quattro e le sue diavoleria, strada facendo. Per me è stato il massimo, mi ero adattato alle sue caratteristiche. Credevo di aver compiuto una grande impresa conquistando il mio secondo titolo mondiale, nel 1982. Invece la mia impresa cult, come si dice oggi, è quel Montecarlo». Il 1984 è anche l’anno che segna l’inizio della breve epopea delle berlinette “monstre” del Gruppo B. Peugeot e Lancia rispondono all’Audi rispettivamente con la 205 Turbo 16 e la Delta S4, la Ford con la Rs200 che somiglia più a una biposto da pista che a una vettura da rally. Sono costruite attorno a telai leggerissimi. Il motore turbo è collocato in posizione centrale-posteriore, le potenze volano oltre i 400 cavalli. E sono equipaggiate con la trazione integrale.
Che le rende micidiali su ogni tipo di terreno e capaci di accelerazioni impressionati. Alla controffensiva della concorrenza, a Ingolstad replicano con la più spettacolare versione delle Audi da rally, la Sport Quattro S1 Gr.B del 1985. A distanza di anni, Mikkola ammetterà che soltanto Rohrl, con la sua guida precisa e pulita, riusciva a sfruttarla fino in fondo. Più prototipo che berlinetta, per effetto anche della carrozzeria stravolta dalle appendici aerodinamiche, la S1 ha rappresenato la massima espressione dell’idea originaria della Quattro a trazione integrale. È sufficiente considerare che il peso era inferiore ai 1000 kg e la potenza sfiorava i 500 cavalli. Ma nel 1986, prima cioè che la Federazione Internazionale decretasse la fine del Gruppo B nei rally, sui banchi-prova di Ingolstad giravano già i motori evoluzione: roba da 650 cavalli. Malgrado la sua raffinata tecnologia, la Sport Quattro S1 ha tuttavia ottenuto un’unica affermazione nel Mondiale, quella al rally di Sanremo del 1985 con Rohrl.
L’Audi si ritirerà dai rally due anni più tardi, dopo essere riuscita in un’altra impresa di valore storico: portare una trazione integrale al successo al Safari. Non con la mostruosa S1 Gr.B, ma con la berlinona 200 Quattro Gr. A poco più di serie; che apparentemente sembrava più adatta al servizio taxi che affrontare la terra rossa e le rocce laviche del Kenya. Chiusa la straordinaria epopea nei rally, l’Audi si ritrova non soltanto un immagine di marchio vincente – sulla quale campa ancora oggi – ma soprattutto una nuova idea di fare automobili. Tutto quanto gli ingegneri e i tecnici di Ingolstadt avevano appreso con l’impegno sportivo condotto al massimo livello è già trasferito nella grande produzione di serie. Avevano vinto Ferdinand Piëch e Jörg Bensinger. Avevano vinto la creatività tecnologica e il coraggio di andare oltre i propri confini.