Ferrari: il caso sospensione

Ferrari: il caso sospensione

29 apr 2011

Copiare, a scuola, non ti fa prendere dei “nove”, ma la sufficienza sì. Sempre per non fare gli ingegneri del venerdì, si può dare un’occhiata alle monoposto nella corsia box e trarre alcune semplici conclusioni. Perché, su 12 squadre, 8 usano la sospensione posteriore “pull-rod”? Perché una è la Red Bull, che l’ha riscoperta, e le altre 7 l’hanno imitata. E perché 4 squadre non la usano, preferendo il “vecchio” schema a puntone, cioè push-rod?

Vediamo: una è la Hispania che monta il retrotreno della Williams 2010, sospensione ovviamente compresa. Una è la Virgin che è un progetto sbagliato. Una è la Sauber che usa tutto il posteriore della Ferrari e l’altra, appunto, è la Ferrari. Allora perché, visto che i capi di Maranello hanno ammesso di avere studiato l’altra soluzione, la monoposto di quest’anno monta un “push-rod” che potrebbe diventare un incubo per i futuri sviluppi?
 
La risposta ufficiale è che lo schema a puntone offre maggiori possibilità di intervento e modifica. La risposta molto meno ufficiale è che, al momento di valutare i parametri di progetto, i tecnici del Cavallino – compreso l’ingegnere inglese Pat Fry, che all’epoca era già pienamente integrato – abbiano ritenuto che non ci fosse bisogno di stravolgere il progetto 2010, rimanendo fedeli allo stesso schema sospensivo.

Fateci caso: è lo stesso - probabile - errore di valutazione, la stessa mentalità della prudenza, del “primo, non cambiare”. Ma le squadre che non si cambiano sono quelle che vincono. Nel complesso, sembra che alla Ferrari abbiamo valutato di non scostarsi più di tanto dal progetto della F10 del 2010, ritenuta un’ottima monoposto. Peccato che non lo fosse: buona sì, ma senza gli errori a catena della Red Bull, il mondiale sarebbe finito ben prima di Abu Dhabi.

Che cosa fare adesso? È a dir poco improbabile che si possa passare, a stagione ampiamente iniziata, a uno schema “pull-rod”. È vero che darebbe, ormai si è capito, indubbi vantaggi sul carico aerodinamico, permettendo un diverso passaggio dei flussi e un maggiore sfruttamento degli scarichi sul pianale (alla Ferrari il carico manca soprattutto davanti, ma nella F.1 di oggi è importante soprattutto trovarlo; più ce n’è meglio è, venisse pure dagli specchietti).

Ma è anche vero che questi vantaggi andrebbero valutati con un programma in galleria e simulazione - altro punto dolente, a quanto pare - che adesso è troppo tardi per impostare. E che non potrebbe, in ogni caso, essere corroborato da prove in pista. Sulla sospensione posteriore, in ogni caso, si dovrà lavorare, ma cambiando “solo” gli attacchi a scocca e cambio in funzione dei diversi assetti; specie se, come sembra, si prenderà la strada del “rake” abbinato all’ala flessibile. Nel 2010 la Ferrari ribaltò la sua stagione a Valencia, quando arrivarono gli scarichi nuovi di palese derivazione Red Bull.

Ma c’è, nel 2011, una soluzione così vantaggiosa da imitare? E non sarebbe meglio, già che ci siamo, che la Ferrari le sue soluzioni vincenti se le studiasse in casa? Da Maranello, al momento di chiudere queste pagine, sono arrivate solo rassicurazioni: non serve cambiare nessuno nello staff. Niente epurazioni di uomini, solo lavoro. Ma è tanto lavoro, tantissimo. E i risultati sono ancora tutti da verificare. Di sicuro la vera svolta, se ci sarà, non arriverà neppure in Turchia.

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