È sempre così. Negli affari, nella politica, nello sport. Fino a quando sei in alto sei uno che conta, e tutti si inchinano. Appena le cose cominciano ad andare storte, zag!, tutti ti voltano le spalle. E già accaduto a tanti, e accadrà sempre. Adesso tocca a Michael Schumacher. Al Gran Premio di Turchia, il tedesco sette-volte-sette campione del mondo di Formula 1, neppure tanto tempo fa idolo delle folle ferrariste, è incappato in una bruttissima giornata. Lui, il più titolato nella storia della F.1, è stato infilato da piloti che molto probabilmente campioni del mondo non lo diventeranno mai. Ha ammesso, con umiltà, le sue colpe.
Da quando è rientrato nelle competizioni di più alto livello, l’anno scorso, Michael Schumacher ha avuto parecchi fucili puntati contro. Aveva scelto la Mercedes quale arma per rimettersi in gioco, a un’età, 41 anni, in cui nella F.1 moderna sei già un pensionato. I ferraristi gli rinfacciarono l’ingaggio con la stella a tre punte cucita sulla tuta: il clamoroso rientro avrebbe dovuto farlo con la Ferrari. In tanti godettero nel vederlo in difficoltà con l'argentea Mercedes.
E poi c’era quel Nico Rosberg che fermava il cronometro sempre prima di lui. La stagione si concluse senza neanche salire almeno una volta sul gradino più basso del podio. È vero che la Mercedes 2010 non era granché, come vettura. Ma Rosberg era comunque riuscito a togliersi qualche soddisfazione. Adesso dicono che Schumacher è crollato, che la prestazione a Istanbul segna irrimediabilmente la fine, questa volta definitiva della sua carriera. Che ormai è un ex. C’è chi è sicuro (?) che la Mercedes è pronta a sostituirlo.
E i commenti, quelli al vetriolo, si sprecano. Uno dei più acidi lo ha pronunciato Eddie Jordan, 63 anni, irlandese, fondatore della scuderia Jordan F.1 con la quale Schumacher debuttò nei gran premi nel 1991: lo ha paragonato al leggendario pugile americano Classius Clay, o se preferite Muhammad Ali. Jordan ha infatti detto che la fine della carriera del tedesco gli ricorda quella del grande boxer di colore. Il quale si ritirò dal ring nel 1978 ma vi ritornò nel 1980: voleva riprendersi la corona mondiale dei pesi massimi. Incrociò i guantoni con Larry Holmes, ma alla decima ripresa dal suo angolo gettarono la spugna. Il segno di resa nella nobile arte della boxe.
Anche David Coulthard, scozzese, ex pilota di F.1 e ancora in attività con le finte turismo del DTM, ritiene che Schumacher sia ormai agli sgoccioli. Ma non infierisce sull’ex collega: “Se Michael si sente ancora competitivo, allora è giusto che corra. Il fatto è che oggi non è competitivo, e non si diverte”.
Michael Schumacher merita rispetto. Per quanto ha fatto, ed è storia, e per ciò che sta cercando di fare. È probabile che abbia sopravvalutato se stesso, le sue capacità, magari anche il suo fisico, quando ha deciso di rientrare. Ogni pilota, col passare degli anni, si trova a fare i conti con una legge ancora immutabile: l’età dà il vantaggio dell’esperienza ma sottrae gradualmente la velocità. Ci sono professionisti del volante che gareggiano con un certo successo anche se non sono più dei ragazzi, perchè hanno appunto il mestiere, ma le loro prestazioni velocistiche sono inferiori a quelle di compagni di squadra più giovani. È una legge di natura.
È probabile che Michael Schumacher abbia considerato poco questo aspetto. L’avere accettato di scendere in pista con ragazzi che di anni ne hanno la metà, di rimettersi in gioco, gli fanno onore. Comunque vadano le cose.
Voi che cosa ne pensate?