Dakar, diario di viaggio: la caotica Lima

Si parte alla volta della caravona della Dakar, ma l'uscita dalla capitale peruviana non è affatto facile...

Pasquale Di SantilloPasquale Di Santillo

Pubblicato il 15 gennaio 2019, 11:28 (Aggiornato il 15 gennaio 2019, 11:36)

La cosa più difficile da fare, quando sei a Lima e ti devi muovere in macchina, è uscire dalla città. E per fortuna era domenica. Un delirio, dove non esistono regole, anzi una sola. Fare il prima possibile. E quindi, nonostante il gruppo comprenda una colonna-convoglio di 8 Mini Countryman, si va di slalom con rischi e pericoli. E un paio di volte ce la vediamo davvero brutta perchè quando un pullman di quelli grandi decide di girare all’ultimo momento o sei concentrato e reattivo oppure ti fai il segno della croce.

La Panamericana Sur (sud) in questo primo tratto scorre a quattro corsie (2 e 2), quelle di emergenza ci sono ma sono optional come le frecce. Occupate da nugoli di ciclisti in mountain bike e caschetto che si fermano ogni 50 metri ad uno delle migliaia di chioschi che vendono gelati e pane artigianale, frutta come se piovesse. Una maniera intelligente per “coprire” quello che c’è dietro. Una baraccopoli senza fine, fatta di case di fango e povertà infinita, che però non toglie umanità a queste persone meno fortunate che ti salutano col sorriso in ogni momento. Agglomerati che si susseguono intervallati da qualche elegante residence con portoni…medievali e mura di cinta con la sicurezza in bella vista con tanto di pistole e mitragliette.

In Perù e’ estate e potrebbe essere una domenica di esodo di partenza per le vacanze, quelle da bollino rosso. E infatti il traffico resta intenso anche se si comincia a sciogliere dopo 120-150 chilometri. Ne mancano quasi 350 all’arrivo e pensi di respirare. Invece no, perchè le corsie si dimezzano e inizia un calvario senza fine. I camion. In Perù praticamente non esiste il traffico su rotaia e nemmeno la legge che come da noi vieta la circolazione dei camion la domenica. Morale, dopo aver attraversato i caotici centri abitati simili sempre a bidonville, di Ica e Nazca, ci ritroviamo in questo deserto scuro, cupo come il cielo di queste parti. Ma per arrivare alla nostra destinazione finale, San Juan de Marcona a ridosso dell’Oceano alla fine trascorrono quasi 8 ore al netto di un paio di soste…fisiologiche. Estenuante!

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