Ecco come è diventato grande il fondatore della Red Bull, appena scomparso
Nel 1984 Dietrich Mateschitz e Chaleo Yoovidhya fondano la Red Bull GmbH, che per ora è un drink asiatico che raffigura una coppia di tori rossi contrapposti, i quali si scontrano di fronte al sole, per la precisione due gauri. E qui viene il bello, perché Red Bull, a dispetto della filosofia di vendita di qualsiasi prodotto, al di fuori dell’Oriente è un’offerta che non ha ancora domanda. In altre parole, se non hai mercato come fai a creartelo? E qui sta il secondo colpo di genio di Mateschitz: si stratta non solo di diffondere il prodotto, ma prima creare la precondizione: il desiderio del prodotto stesso. Pare facile, ma mica lo è. Ad arrivare, sulle prime, sono una serie di insopportabili rovesci. Tanto per cominciare, le esigentissime autorità austriache nutrono una sfiducia schifata sull’energy drink spinto da questo strano personaggio. E così per avere il disco verde ed essere importata in Europa la bevanda viene sottoposta a un’estenuante sequenza di test per verificarne l’essenza nonché l’assenza di sostanze additive. Mateschitz non si scoraggia, continua a crederci e, rispetto alla bevanda d’origine, sceglie di rendere il drink frizzante, per farlo diventare più appetibile possibile al gusto occidentale. La brand identity molto deve al logo prescelto dall’indagine di mercato, che però, guarda caso, era stato suggerito per primo da un ex compagno di studi di Didi, il quale ha fatto tutto gratis, proponendo 50 soluzioni alternative, ma tifando per i due tori.
Non facile anche l’individualzione dei colori dell’accattivante lattina blu e argento, che viene appositamente commissionata al designer Rauch, colosso numero uno del packaging beverage in Austria, la quale entra effettivamente nel mercato a partire dal 1987. Propagandata da un jingle semplice e ossessivo, che da allora resterà tale, senza subire alcun cambiamento: “Red Bull ti mette le ali”.
Link copiato